LA STORIA
Il tartufo è un frutto della terra conosciuto sin dai tempi più antichi.
Si hanno testimonianze della sua presenza nella dieta del popolo dei Sumeri ed al tempo del patriarca Giacobbe intorno al 1700-1600 a.C.
Le prime notizie certe sul tartufo compaiono nella Naturalis Historia, di Plinio il Vecchio.
Nel I secolo d.C., grazie al filosofo greco Plutarco di Cheronea, si tramandò l’idea che il prezioso fungo nascesse dall’azione combinata dell’acqua, del calore e dei fulmini.
Da questa idea trassero ispirazione vari poeti, tra cui Giovenale, il quale sosteneva che il tartufo, conosciuto come “tuber terrae”, si originasse da un fulmine scagliato da Giove in prossimità di una quercia (albero ritenuto sacro al padre degli dèi).
Essendo Giove famoso anche per la sua prodigiosa attività sessuale, al tartufo furono attribuite qualità afrodisiache.
Il tartufo era già al tempo altamente apprezzato, soprattutto nelle mense di nobili e alti prelati.
Il suo aroma era considerato da alcuni scienziati dell’epoca, una sorta di “quinta essenza” che provocava sull’essere umano un effetto estatico.
Il termine tartufo cominciò a diffondersi in Italia nel Seicento, ma nel frattempo la dizione volgare era gia’ emigrata in altri paesi d’Europa assumendo varie dizioni: “truffe” in Francia, “truffel” in Germamia, “truffle” in Inghilterra.
CHE COS’E E DOVE NASCE
Il tartufo è un fungo ipogeo, ovvero misteriosamente sotterraneo, estremamente pregiato e ricercato.
E’ caratterizzato da corpi fruttiferi tuberiformi che si formano spontaneamente nel suolo a una profondità che varia da alcuni centimetri fino, in casi eccezionali, a 60-100 cm. E’ provvisto di un rivestimento, liscio o verrucoso, detto “peridio” ed ha una polpa interna detta “gleba”, che al taglio appare marmorizzata per la presenza di venature chiaro-scure.
Il tartufo, come tutti i funghi, è un organismo “eterotrofo”, cioè non in grado di sintetizzare le sostanze necessarie per lo sviluppo poiché privo di parti verdi in grado di svolgere la fotosintesi clorofilliana. Riceve le sostanze organiche, al pari degli organismi animali, direttamente dall’ambiente esterno, in particolare dalle radici di piante superiori, come querce, pioppi, salici, faggi, noccioli, tigli e conifere, alle quali si lega in un rapporto di “simbiosi mutualistica”.
Questo tipo di simbiosi viene definita tale perché si instaura un rapporto di mutuo scambio che reca beneficio ad entrambi, pianta e fungo. Il fungo riceve dalla pianta gli idrati di carbonio, indispensabili per il suo sviluppo, sotto forma di zuccheri semplici; la pianta, a sua volta, riceve dal fungo acqua e sali minerali, migliorando notevolmente il suo stato vegetativo.
Il tartufo possiede una parte vegetativa chiamata “micelio”, costituita da sottili filamenti ampiamente diramati nel terreno che, a contatto con le parti terminali delle radici delle piante ospiti, sviluppano particolari organi, chiamati “micorrize” attraverso le quali si instaura lo scambio delle sostanze vitali, precedentemente descritto.
Le caratteristiche di colorazione, sapore e profumo del tartufo sono determinate dal tipo di alberi presso i quali essi si sviluppano.
Ad esempio un tartufo cresciuto nei pressi di una quercia, avrà un profumo più pregnante, mentre uno cresciuto vicino ad un tiglio sarà più chiaro ed aromatico. La forma, invece dipenderà dal tipo di terreno: se soffice il tartufo si presenterà più liscio, se compatto, diventerà nodoso per la difficoltà di farsi spazio.
Il tartufo contiene il 75%-80% di acqua, una ridotta quantita’ di grassi (1-6%) e una discreta dose di proteine (6-8%) che lo colloca tra gli esponenti più nutrienti del regno fungino. Inoltre bisogna aggiungere un buon contenuto di minerali (fosforo, magnesio, calcio) e di numerose sostanze organiche.
L’alta percentuale di acqua contenuta nei tartufi e la presenza di molecole non digeribili dall’uomo, fanno si che il valore nutrizionale del tartufo, anche in presenza di un notevole consumo non sia di primaria importanza ed è quindi utilizzabile senza controindicazioni per ogni fascia d’età e peso.
LA RACCOLTA
La raccolta deve avvenire dopo la maturazione, poiché il tipico profumo penetrante e persistente si sviluppa solo a maturazione avvenuta ed ha lo scopo di attirare gli animali selvatici, come maiale, cinghiale, tasso, ghiro e volpe, che ne spargono le spore contenute negli “aschi”, grosse cellule presenti nella polpa interna, necessarie per la riproduzione della specie.
Tradizionalmente la raccolta avveniva utilizzando il maiale, ma il problema di tale metodo è che il maiale è ghiotto di tartufi, e quindi bisogna impedirgli di mangiare il ritrovato; attualmente l’utilizzo del maiale è vietato a causa dei danni ambientali provocati da questo animale. La raccolta con il cinghiale invece non è mai stata utilizzata, a causa dell’evidente difficoltà di controllare un animale selvatico e non addomesticabile.
Al giorno d’oggi, per la ricerca del tartufo, si impiegano esclusivamente cani appositamente addestrati, non ci si avvale di razze particolari, al contrario in genere si scelgono meticci di piccola taglia.
E’ vietato commercializzare tartufi immaturi o non appartenenti alle 9 specie selezionate che verranno elencate in seguito.
La raccolta del tartufo è libera nei boschi e nei terreni non coltivati, compresi i pascoli; è severamente vietata quella tramite zappatura, sarchiatura ed aratura in quanto uccide il fungo.
In genere la maturazione avviene nel periodo autunnale, ma esistono anche specie primaverili, estive ed invernali.
SPECIE DI TARTUFO LA CUI RACCOLTA E COMMERCIALIZZAZIONE È CONSENTITA IN ITALIA
1)TARTUFO BIANCO PREGIATO, TUBER MAGNATUM PICO.
- Conosciuto come tartufo d’Alba è considerato il tartufo per antonomasia data anche la sua rilevanza commerciale.
- Il suo profumo è spiccato e gradevole e ricorda vagamente l’aglio e il formaggio Grana.
- Cresce solo in Italia e in Istria, dalla pianura fino a 600m.
- Il periodo di raccolta è da Settembre a Dicembre.
Il tartufo bianco per nascere e svilupparsi ha bisogno di terre particolari: il suolo deve essere soffice e umido per la gran parte dell’anno, ricco di calcio e con una buona circolazione di aria.
E’ quindi intuibile che non tutti i terreni presentino queste caratteristiche e proprio questi fattori ambientali fanno si che il tartufo, in generale, diventi un frutto raro quanto ambito.
2)TARTUFO NERO PREGIATO, TUBER MELANOSPORUM VITT.
- Conosciuto come tartufo di Norcia, dopo il tartufo bianco è considerato il più pregiato a livello commerciale ed è uno dei protagonisti della cucina internazionale.
- Il suo profumo è intenso, aromatico e fruttato.
- E’ tipico di alcuni paesi del Mediterraneo, come Italia, Francia e Spagna.
- Il periodo di raccolta è da Novembre a Marzo.
3)TARTUFO MOSCATO, TUBER BRUMALE VITT-VAR. MOSCATUM FERRY.
4)TARTUFO NERO ESTIVO, TUBER AESTIVUM VITT.
- In Italia cresce ovunque vi siano terreni calcarei, dalla pianura fino a 1000 m.
- Ha un odore aromatico ed intenso.
- Il periodo di raccolta va da Giugno a Novembre.
5)TARTUFO UNCINATO, TUBER UNCINATUM CHATIN.
- L’odore ricorda la nocciola ed è gradevole e spiccato, è molto simile al Tuber Aestivum Vitt ma di qualità decisamente inferiore.
- In Italia è frequente al Centro-Nord, si trova da 0 fino a 1200 m.
- Il periodo di raccolta va da Settembre a Dicembre.
6)TARTUFO NERO INVERNALE, TUBER BRUMALE VI TT.
- L’odore è intenso, cresce in inverno sotto le latifoglie.
- Il periodo di raccolta va da Gennaio ad Aprile.
7)TARTUFO BIANCHETTO, TUBER ALBIDUM PICO.
- E’ molto comune in Europa e in Italia è presente su tutto il territorio.
- Il periodo di raccolta va da Gennaio ad Aprile.
8)TARTUFO NERO LISCIO, TUBER MACROSPORUM VITT.
- L’odore è spiccato e gradevole, simile al Tuber Magnatum, con il quale condivide l’area di sviluppo.
- Il periodo di raccolta va da Luglio a Dicembre.
9)TARTUFO NERO ORDINARIO O TARTUFO DI BAGNOLI, TUBER MES ENTERICUM VITT.
- Tipico odore intenso di fenolo.
- E’ un tartufo commestibile di scarsa qualità.
- Il periodo di raccolta va da Settembre a Gennaio.
N.B. La denominazione Vitt o Vittad si riferisce a Carlo Cittadini, scopritore di diverse specie.
CONSERVAZIONE
Essendo un organismo vivo e delicato, il tartufo deve essere consumato rapidamente, anche perché tende a disidratarsi e a disperdere l’aroma, peggiorando nettamente dal punto di vista qualitativo.
Per mantenerne il più possibile intatto il profumo, occorre evitare il contatto del tartufo con l’acqua che favorendo la macerazione dei tessuti causa il rapido deterioramento del frutto; inoltre una eccessiva evaporazione ne peggiora le qualità organolettiche, disidratando il tartufo che diventa coriaceo e perde fragranza.
Per proteggerlo, in attesa del consumo, il sistema più valido consiste nell’avvolgerlo con carta assorbente asciutta, da sostituire quotidianamente, in modo da mantenere intorno ad esso un grado sufficiente di umidità.
Successivamente il tartufo deve essere messo in un recipiente a chiusura ermetica (poiché gli altri alimenti presenti potrebbero assorbirne il profumo) e conservato in frigorifero, nello scomparto meno freddo.
Altri segreti per la conservazione sono: il tenerlo immerso nel riso, nella sabbia o anche nell’argilla dopo averlo ripulito della terra che lo circonda al momento della raccolta.
QUALITÀ E PREZZO DI VENDITA
La qualità del tartufo dipende dal grado di maturazione che deve essere completa e l’unico elemento valido per accertarne il livello è la “gleba”, il cui disegno deve evidenziare nettamente le venature più scure.
Il prezzo di vendita del tartufo subisce forti oscillazioni da un anno all’altro, in relazione all’andamento climatico e stagionale; inoltre le quotazioni possono variare all’interno della stessa stagione con fluttuazioni giornaliere, raggiungendo picchi massimi nel periodo di minor offerta, che coincide con la fine del periodo di raccolta (Settembre e Gennaio).
Il valore del tartufo è proporzionale alle dimensioni e alla regolarità della forma.